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		 ASCOLTANDO LA MORTE 
			
			"La luce del crepuscolo si attenua:inquieti spiriti sia dolce la tenebra
 Al cuore che non ama più!
 Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare,
 Sorgenti, sorgenti che sanno
 Sorgenti che sanno che spiriti stanno
 Che spiriti stanno a ascoltare...
 Ascolta: la luce del crepuscolo attenua
 Ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra:
 Ascolta: ti ha vinto la sorte:
 Ma per i cuori leggeri un'altra vita è alle porte:
 Non c'è di dolcezza che possa uguagliare la morte
 (Dino Campana da "I canti orfici")
 
			"Forse un mitomane che ha subito in pieno tutta 
			la Legge del consuno fino al.consumo totale" (Goffredo Parise su 
			Paese Sera del 28/1/1967) 
			"La morte e una cosa troppo seria per mescolarla 
			alle frivolezze di un Festival. Era un cosi bel ragazzo • • • (Dacia 
			Maraini su Paese Sera 28/1/1967) 
			"La struttura "psicotica" di tipo melanconico, ha 
			prodotto un "corto circuito", cioè un distacco prematuro della vita. 
			In questi soggetti l'attaccamento alla vita è labile, e come se 
			queste persone non fossero mai nate completamente e definitivamente 
			e sentissero sempre una specie di richiamo nostalgico verso 
			l'inerzia prenatale (Claudio Modigliani, psicanalista su Paese Sera 
			del 28/1/1967) 
			Fra i versi di Dino Campana e le bestialità sopra riportate c'è la notte nella quale l'ordine costituito del 
			senso comune consuma la propria pigrizia mentale. Da una parte la morte è momento sapienziale, la sua natura è "sorgiva 
			", ad essa ci si avvicina per "ascoltare", e dove sembra abbia "vinto 
			la sorte", i "cuori leggeri" ritrovano un'altra "vita" che 
			è "alle porte".
 Sull'altro versante  vi è il  termine 
			di un discorso che continua senza di lei,  sinonimo di esclusione, appartiene all'individuo Luigi Tenco invadendo it 
			campo del sociale solo genericamente nella frase di Parise con la 
			trita sparata sul consumismo.
 Ecco it frutto di un laicismo tutto 
			superficiale senza radici profonde, dove it fatto di poter accedere, con 
			relativa facilità, ai mezzi di comunicazione di massa, premia i 
			veloci di lingua, i vampiri dell'informazione senza che it 
			giudizio espresso poggi, come una volta con la religione o la poesia, su 
			un sistema di simboli grazie ai quali la società poteva prendere 
			coscienza di se.
 Il suicidio difficilmente è causato da motivi individuali, 
			appartiene a tutti.
 Interessante è quello che afferma fondatore della moderna sociologia 
			Emile Durkheim: "E' la costituzione morale della società a fissare in ogni 
			istante il contingente di morti volontarie. Esiste dunque per ogni 
			popolo una forza collettiva, di determinata energia, che spinge gli uomini ad 
			uccidersi. I movimenti che ii paziente compie e che a prima vista 
			sembrano esprimere soltanto it suo temperamento personale, sono in realta la continuazione ed it prolungamento di uno stato sociale che manifestano 
			esterioramente"...."...Ogni gruppo sociale ha realmente per 
			quest'atto una tendenza collettiva che gli è propria da cui derivano le tendenze 
			individuali e non essa da queste ultime.
 E' costruita da correnti 
			d'egoismo, d'altruismo o di anomia che travagliano la società considerata, con 
			le conseguenti tendenze alla melancolia languida od alla rinuncia attiva, 
			od alla stanchezza esasperata.
 Sono queste tendenze della 
			collettività che, penetrando gli individui, li determinano ad uccidersi.
 Per quel che riguarda gli avvenimenti privati, i quali sono in genere 
			considerati cause immediate del suicidio, non hanno altra azione che quella 
			datogli dalle disposizioni morali della vittima, eco dello state 
			morale della società.
 Per spiegare il suo distacco dall'esistenza, il soggetto se la prende con le circostanze che più gli sono vicine: 
			trova la vita triste perché è triste. Indubbiamente la tristezza 
			gli viene, in un certo senso, dall'esterno, ma non da questo o 
			quell'incidente della sua carriera, bensi dal gruppo di cui fa 
			parte. Ecco non esiste nulla che possa servire da causa occasionale 
			al suicidio. Tutto dipende dall'intensità con cui le cause 
			suicidogene che hanno agito sull'individuo." (pp 261-262 Durkheim 
			"Sociologia del suicidio" ed. Newton Compton Roma, 1973)
 
			"L'intensità" e appunto un'antenna privilegiata 
			con la quale gli artisti, captano, per se e per gli altri, quei 
			sintomi propri di un'epoca non immediatamente percettibili da tutti 
			ma dai quail spesso conseguono le cause che rnodificano, nel tempo, 
			la maniera di vivere. 
		
		 IO SONO UNO CHE PARLA TROPPO POCO 
			Cerchiamo di ricostruire cosa deve aver "visto" 
			Luigi Tenco con maggior chiarezza dei suoi tanto saccenti contemporanei.
			
 In "Io sono uno" canta: "Io sone uno che parla troppo poco, questo e 
			vero, ma nel mondo c'e tanta gente che parla, parla, parla sempre, 
			che pretende di farsi sentire e non ha niente da dire".
 E fa terminare la 
			canzone con una precisa accusa a quei signori che usano le parole per stare a 
			galla in una situazione, che prima o dopo, li farà, crollare:
 "io sono uno 
			che non nasconde le sue idee, questo é vero perché non mi piacciono quelli che 
			vogliono andar d'accordo con tutti e che cambiano ogni volta bandiera per 
			tirare a campare."
 
			Davanti a questa situazione spropositata, Tenco si augura, e questa volta i versi sono 
			estrapolati dalla canzone"Ciao, amore ciao" di " non  saper far niente, in 
			un mondo che sa tutto"e quindi di "andar via lontano, cercare un altro 
			mondo, dire addio al cortile, andarsene sognando       e poi mille 
			strade grigie come il fumo, in un mondo di luci sentirsi nessuno" e 
			per chi non avesse ancora capito precisa di "non avere un soldo 
			nemmeno per tornare" come se Caronte fosse disposto a ritraghettarlo 
			indietro. 
			Questo desiderio di fuga non è dovuto da 
			nevrastenia o da una "struttura psicotica" come farebbe comodo alto 
			psicologo Claudio Modigliani, di cui copra abbiamo riportato le 
			fragili deduzioni ma da spietato realismo. Per poter vedere crollare 
			it sistema d'informazione, it famigerato quarto potere, bisognerà 
			aspettare che gli stessi meccanismi che ne garantiscono la 
			funzionalità arrivino ad un tal punto di degenerazione da autodistruggersi.
 Questo sistema si basa sul principio per cui, ad 
			una data informazione corrisponde una data reazione, ed e quindi 
			consigliabile, a chi voglia esercitare un certo potere sugli altri, 
			appropriarsi dei mezzi di comunicazione al fine di manipolarli e fin 
			qui tutto sembrerebbe logico e antico.
 Le difficoltà incominciano 
			quando questo ipotetico signore deve costruire un linguaggio 
			funzionale al sue scopo.
 Se questo linguaggio non ha dietro qualche 
			contenuto concreto e riconoscibile, alla lunga diventa vuoto e la 
			gente, accorgendosene ne recepisce l'esatto contrario rimandando 
			come un boomerang indietro i  significati.
 Fu, per esempio, il caso della Polonia quando radio, televisione, giornali, utilizzarono la lingua leninista, 
			ormai priva di rapporti con qualsiasi realtà fattuale che ottenne  di fare propaganda a 
			Solidarnosc, suicidandosi lentamente ma inesorabilmente.
 
			Tenco era 
			nel giusto quando voile prendere il toro per le corna partecipando a 
			Sanremo, infatti la canzonetta nella quale trovano sfogo le 
			ideologie da strapazzo dei parolieri che consumano la vita in una 
			solitudine egoista fatta di furbizia, di furti più o meno ipocriti, 
			di qualche bisogno collettivo, non poteva che finire. 
			 
			Gli 
			 anni che 
			sono seguiti a quel triste gennaio 1967, con un fiorire veramente 
			entusiasmante di testi serissimi da Dalla a Conte, da Guccinia Battiato, gli ha dato parzialmente ragione. 
			Noi 
			che gli siamo sopravissuti possiamo vedere come però, it breve 
			dedennio degli anni '60, quando it Festival di Sanremo sembrava un 
			museo di brontosauri davanti al quale una tournée come "Banana 
			Repubblic" di Dalla e De Gregori poteva apparire come una vera e propria 
			rivoluzione culturale., stia anch'esso declinando.
 Non è pensabile 
			infatti che un gruppo di rappresentanti l'intellighenzia canterina 
			riesca con il semplice esempio a far cambiare idea a un intero 
			popolo imbesuito davanti a Romina e Al Bano per it fatto stesso di 
			essere gruppo e intellighenzia, ovvero qualcosa di molto lontano 
			dalla vita di tutti i giorni.
 Tenco lo aveva capito quindici anni fa e la sua 
			sensibilità lo portò a rinunciare alle parole, all'intellighenzia, 
			per dare un messaggio fisico, l'unico che la gente, almeno quella 
			sincera, non avrebbe potuto fraintendere.
 
			A questa proposito scrive il poeta Alfonso Gatto: 
			"non è un messaggio "intellettuale", anche se 
			Tenco, per intellingenza, per sensibilità, per cultura, apparteneva 
			alla famiglia dei poeti che sanno il valore, it peso, la 
			responsabilità delle parole e di esse vivono e cercano di vivere in 
			un rapporto di conoscenza e di amore con gli altri uomini, per un 
			tentativo di essere la vita e di chiederle la conferma dei suoi 
			valori. Il messaggio che Tenco ci ha lasciato con la sua morte è un messaggio fisico che c'investe col chiederci se sappiamo pagare di 
			persona le nostre scelte, se riusciamo a patirne sulla pelle la 
			sferza degli organizzatori (dai più alti ai più bassi) che 
			continuano a organizzare feste, festini e cattivo tempo in nome di 
			una "pacificazione" para-franchista che pareggia vittime e vincitori, lutti 
			e allegria".  
			Gatto prosegue con animo veritiero, come solo i poeti sanno fare, ascoltando, come se avesse 
			sentito mormorare da qualche parte i versi orfici di Dino Campana, 
			il messaggio che la tristezza e la solitudine di Tenco ci possono 
			ancora mandare: 
			 "questa tristezza e questa solitudine sono nell'animo  di tutti i giovani che lottano, e  spesso sentono di lottare invano, che non 
			vogliono arrendersi a ì strumentare il proprio essere in nome dell'avere, che  
			resistono a durare e a vivere per le proprie idee, per una media di 
			comune intelligenza, di igiene comune, di solidarietà operante, che li 
			salvi dalla remissione al fatto compiuto.Il fatto .compiuto, che ci fa 
			piangere per una giornata di giubilo commemorativo, ci restituisce poi agli 
			errori, alla vilta, alle rinunce, all'ordinata amministrazione 
			dell'oblio per le vittime e   all'accanimento, all'odio, alla solitudine 
			per chi resiste, per chi lotta sino all'ultimo e sarà egli stesso vittima 
			un'altra volta.
 Caro, caro Tenco: non lo diremo mai povero, 
			nemmeno col nostro affetto, nemmeno col nostro rimpianto. Poveri e 
			squallidi sono soltanto i suoi mancati amici, i mancati ascoltatori che 
			non hanno creduto a lui e  elle sue timide, ma chiare parole di poeta, 
			che non lo hanno difeso dall'ironia di quegli occhi ebeti e 
			sornioni che dalla piatea lo fissavano come un pazzo sovvertitore 
			stretto alle sue mani, affidato per l'ultima volta alla sua voce, 
			come a dirgli "Perché stai qui, a non con i poeti delle poesie 
			illeggibili, perché sei qui e non sulle barricate di tanti anni fa .
 Le barricate possono tornare sempre di moda, anche se i parolieri di 
			Sanremo e d'altre sedi vacanti per distrazione ci assicurano di no.
 Quanto ai poeti, almeno a nome mio, che sono uno tra loro, posso 
			dirvi che la morte di Tenco non.è un fatto compiuto, ma un fatto da 
			aprire ogni giorno come un atto d'accusa contro i "soliti ignoti" 
			che sono al potere dell'acclamata vita nazionale". (da Vie Nuove, 
			1967)
 
			Ecco come l'atto di Tenco non può assolutamente 
			essere considerato individuale ed ecco come la ragione per la quale 
			è stato reso possibile continua a vivere ancor oggi.In una realtà 
			immobile, conservatrice, fossilizzata è naturale che scoppi un 
			attrito con chi voglia muoversi, cambiare le regole del gioco, ed a 
			veramente spaventoso che un intellettuale come Parise non abbia 
			capita che la posta in gioco non era la canzonetta ma chi le sta 
			dietro e qui con piacere citiamo le parole di un altro poeta, uno dei più grandi, Salvatore Quasimodo:" 
			Luigi 
			Tenco ha voluto
 
			colpire a sangue il sonno mentale dell'italiano 
			medio.La sua ribellione che coincideva con una situazione personale di 
			uomo arrivato alla resa dei conti con la carriera, ha però ancora una volta 
			urtato contro il muro dell'ottusità.
 Chi non e in grado di domandare un 
			minimo di intelligenza ad una canzone, non può certo capire una morte.
 Il risultato del Festival ha reso ancora più stridente it contrasto tra la 
			reazione delle giurie e l'impegno che Luigi Tenco aveva sperato di 
			richiamare con la violenza contro se stesso.
 Perciò pensiamo che pochi lo 
			abbiano capito e per questo non vogliamo dimenticare it suicidio di Luigi 
			Tenco  (Il 
			Tempo, febbraio, 1967).
 
			Abbiamo fin qui visto di come esista nel 
			sottosuolo una polveriera, di come possano uscire giganteschi e spaventosi 
			geni al servizio della verità se i poeti strofinano le loro lampade 
			d'Aladino, e di come, malgrado tutto ciò, un sonno profondo avvolga 
			il pensiero comune della gente che si meraviglia della morte 
			volontaria di un artista quando non sa di concorrere alla morte volontaria 
			di un'intera società.Se il non poter comunicare è una delle cause di 
			questo andare verso it baratro, vi sono molti altri sintomi degenerativi che 
			alla sensibilità. di Luigi Tenco dovevano essere sembrati come mostri, 
			qualche volta comprensibili, qualche volta no: vediamone alcuni.
 
		
		 L'AMORE 
			L'amore, la sua durata, la sua utilità è come il 
			suicidio, viene considerato un fatto individuale e, come tale, viene 
			spesso studiato dagli psicanalisti.L'amore, che si crede 
			cosi originalmente libero dalle pianificazioni, dovrà 
			vestire l'abito dei dati„ dovrà partecipare ad uno dei più 
			importanti referendum politici, dovrà concorrere a cambiare alle radici i 
			costumi del popolo.
 Nnn a caso Durkheim, cosi attento a trasformare 
			in cifre, qualsiasi dato sociologico che potesse venirgli comodo per 
			la sua indagine, non cita mai fra le cause sociali del suicidio 
			l'amore perché, nel 1897 anno nel quale pubblicò it suo saggio, la 
			rilevanza di questo fenorneno era quasi nulla.
 L'uomo medio si 
			sposava tardi dopo aver scopacchiato con le puttane e aver 
			trattenuto una casta amicizia con colei che sarebbe diventata sua 
			moglie.
 Una donna programmata fin dall'infanzia a rinunciare al sesso, 
			a rappresentare la tradizione morale  da 
			tramandare ai figli, ma soprattutto a rinunciare ad amare il proprio 
			marito, il quale, per quest'ultimo servizio, si sarebbe rivolto all'amante.
 Le amanti erano esseri straordinari, potevano capire profondamente 
			l'uomo perché ne condividevano la predisposizione  più atavica: 
			la gestione del potere.
 Dalla più proletaria delle baldracche alla Pompadour non c'era 
			intrigo, ricatto, diplomazia che non si avvalesse del loro aiuto.
 Le une e le altre donne erano di sicura fiducia perché la loro scelta 
			era fin dal 'inizio obbligante.
 Era impossibile una fusione dei 
			ruoli: nessun marito avrebbe sopportato di vivere accanto a una 
			libertina e nessuna donna avrebbe mai osato chiederglielo.
 Questa atroce divisione dei ruoli aveva però uno scopo nobile che si e 
			rivelato nei secoli di una certa utilità.
 Avendo gli uomini da tempo 
			iminemorabile rinunciato ad essere civili, essendo riusciti a 
			bleffare persino con la religione evangelica, non trovarono niente 
			di meglio che depositare i frutti di queste loro antiche origini nel 
			mito e nella realtà della madre che per sua natura aveva lo scopo d'influire beneficamente 
			sul carattere dei propri cuccioli prima che divenissero belve.
 In tal modo per secoli l'influenza del padre e del potere statale fu, 
			negli anni che più contano, quelli dell'infanzia, completamente 
			assente, in maniera tale da creare nel subconscio degli uomini una 
			zona meno condizionata da una logica strumentalmente 
			utilitarista a cui, in casi di degenerazione eccessiva del potere, quell'orda di assassini avrebbe potuto 
			ricorrere.
 Questo fatto spiega fra l'altro la contraddizione 
			insita nel potere assoluto e quindi illogico e in un certo senso 
			irreale, che vede la gestione disinvolta di una serie incredibile di 
			delitti inspiegabili accanto al buon funzionamento della giustizia e 
			di un senso comune le cui radici affondano in una tradizione  
			morale millenaria.
 Non è importante non commettere 
			il male ma sapere che il bene è esistito, sopravvive 
			nell'individuale vita familiare, e ipoteticamente potrebbe sempre un 
			giorno ritornare ad essere utile alla società.
 Questa strada 
			obbligata del fine culturale da affidare all'amore per la madre dava 
			all'uomo la possibilità di vivere amori extra-coniugali o pre-coniugali 
			con un'indescrivibile carica liberatoria, eversiva, trasformando 
			questi rapporti in una pratica ginnico-psichica di grande effetto terapeutico.
 Quest'ultimo 
			"amore" entrò prepotentemente nella letteratura, nel teatro, 
			nelle chiacchiere da salotto sottoforma di un archetipo divenuto 
			luogo comune: l'innamorato vive fra le nuvole, è raggiunto da una 
			freccia scagliata da un divino fanciullo bendato, e da quando viene 
			colpito vive estraniandosi in una dimensione talmente diversa da 
			farlo uscir "di senno".
 L'incantesimo può anche non finire mai come 
			nel caso dell'amore fra la Pisana e l'ottuagenario nell'omonimo 
			romanzo d'Ippolito Nievo: per sopravvivere deve evitare un solo 
			pericolo, quello di consumare un matrimonio.
 Questa divisione dei 
			ruoli e it meccanismo da essa provocato sopravvive ancor oggi in 
			larghi strati della popolazione ma, per nostra dannazione e felicità dei giornalisti, gli vive accanto it suo esatto contrario dando 
			origine a quel fenomeno, ai tempi di Tenco senza nome, che oggi si 
			chiama crisi della coppia.
 La crisi della coppia è il frutto più 
			vistoso del femminismo, ovvero del desiderio di emancipazione della 
			donna che vuole essere contemporaneamente madre e amante.
 Come madre non vuole avere la responsabilità culturale del matriarcato 
			che giudica superato, come amante vuole rinunciare ad essere la 
			terapista del proprio uomo, l'amore lo fa perchè gli place, non per 
			curare qualcuno.
 La patata è piuttosto bollente e il povero Tenco, 
			che nella sua canzone pia famosa dichiara di essersi innamorato 
			perché non aveva niente da fare, per un bisogno vecchio stampo di 
			compagnia, si trova con le mani in mano a dire "adesso non so 
			neppure io cosa fare, it giorno mi pento di averti incontrata, la 
			notte ti vengo a cercare".
 Quando l'archetipa compagna entra nel 
			merito della fusione amante-madre lui stizzito le urla 
			addosso:  "Un giorno di questo ti sposerò, stai tranquilla, cosi la 
			smetterai di darmi il tuo amore con il contagocce".
 Più avanti 
			denuncia la sua scettica incredultà sull'amore matrimoniale:
 "un giorno di questi ti 
			giurerò d'amarti sino all'ultimo giorno ma tu sai già benissimo che non si 
			può sapere cosa sarà domani".
 Quel "tu sai benissimo" è una 
			rievocazione di quelle regole sopra un po' sbrigativamente da me 
			illustrate.
 L'amore deve essere, meraviglioso, sulle nuvole, vissuto in uno 
			stato di demenziale leggiadria, guai ad 
			aprire gli occhi, guai ad essere consapevoli di quello  che si 
			farà domani.
 Le canzoni d'amore di Tenco non sono mai distese, sono 
			costruite con una bomba ad orologeria nell'interno che, all'ora X, deve assolutamente scoppiare mandando tutto in vacca.
 Più che 
			altro sono canzoni d'amore solo in apparenza, in realtà sono canzoni 
			sociali,  e anche in questo caso,  gli avvenimenti verificatesi dope la 
			sua morte, gli danno assolutamente ragione.
 La contraddizione è in questi termini: l'amore esiste e sempre esisterà ma i presupposti 
			sociali sui quali veniva consumato, sono irrimediabilmente saltati, 
			cantare l'amore che è vita in questo stato, è sotto sotto come cantare la morte.
 Ecco venuta a galla un'altra predisposizione al 
			suicidio che solo degli ignoranti potrebbero credere di origine solo 
			individuale.
 Fa bene Alfonso Gatto a precisare, nel pezzo sopra 
			riportato, che "poveri e squallidi sono soltanto i mancati 
			ascoltatori che non hanno creduto a lui e alle sue timide ma chiare 
			parole di poeta."
 La differenza fra un poeta ed un paroliere sta 
			tutta in quel "chiare" che si contrappone a "scure". Chiaro 
			è it sole, è l'Apollo del mito che fornisce ai poeti la luce per capire 
			gli enigmi delle parole, le quali, pur conservando una miriade di 
			significati diversi da quelli che il loro artefice vorrebbe, nella 
			poesia si mostrano attraverso una particolare visuale che, per chi 
			sa "ascoltare", non può dar adito a dubbi.
 E'  cosi che il vero testamento di Tenco lo ha dato lui stesso con 
			il suo sapere poetico 
			e musicale. Spesso, nelle odierne composizioni dei cantautori, nascono 
			prima le musiche, le basi, e poi le parole, con il risultato di 
			ottimi prodotti ma spesso un po' sconclustonati.
 Non è il caso di Tenco per il quale le musiche sono di un'importanza incredibile e si fondono 
			con le parole rimarcandone ancora di più lo spessore poetico.
 In "Mi sono innamorato di te", it carattere preponderante  
			viene dato da  un' atmosfera di noia esistenziale carica di quella nevrosi che negli anni '60 
			serviva da condimento per discorsi 
			mondani e altre pietanze culturali.
 In questa canzone la linea melodica è composta con una serie di progressioni dove apparentemente non succede 
			mai nulla ma che sortiscono l'effetto di creare nell'ascoltatore uno stato di 
			ansia e di sospensione fino a farlo meditare sullyachiusa "parlare 
			d'amore", dominante tonica che rappresenta il nocciolo della 
			questione.
 Nella canzone Tenco non vuole informarci d'essere 
			innamorato, o di avere bisogno dell'amore perché tutto questo è già 
			ampiamente seontato nel mondo della canzonetta, vuole farci meditare 
			su quel "parlare d'amore" che ne rappresenta la bomba ad orologeria.
 Parlare d'amore significa rendersi conto che esiste un discorso 
			sull'amore tutto da fare e, l'apparente noia delle situazioni 
			precedenti, la monotonia tutta esistenziale di questo strascicarsi 
			nella vita, gli va fatalmente incontro.
 Se l'amore e l'impossibilità 
			di comunicare sono due fra le cause storiche che hanno concorso alla 
			morte di Tenco, non meno importante è la predisposizione al fascismo 
			che l'Italia, presto dimentica delle atrocità del ventennio, non ha 
			mai eliminato del tutto.
 
		
		 IL FASCISMO 
			'Cara maestra, un giorno m'insegnavi che a questo 
			mondo not siamo tutti uguali. Ma quando entrava in classe it 
			direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi e quando entrava in 
			classe il bidello ci permettevi di restar seduti. Mio buon curato, 
			dicevi che la chiesa e la casa dei poveri, della povera gente.
 Però 
			hai rivestito la tua chiesa di tende d'oro e marmi colorati, come 
			può adesso un povero che entra sentirsi come fosse a casa sua?
 Egregio sindaco, m'hanno detto che un giorno tu gridavi alla gente "vincere 
			o morire" ora vorrei sapere come mai, vinto non hai. eppure non sei 
			morto e al posto tuo è morta tanta gente che non voleva ne vincere 
			ne morire"
 
			 Questi versi che compongono tutta la canzone "Cara 
			Maestra", non hanno nulla di casualmente protestatario, come in 
			molte liriche dell'epoca e, pur nel limite di una canzone, per ragioni di tempo sempre esageratamente essenziale, riescono 
			attraverso l'analisi dei suoi peccati, a scovare il "malandrino" qui 
			in veste simbolica di sindaco: la continuazione della mentalità fascista.
			Ho voluto mettere fra le cause suicidogene anche la mentalità fascista perché credo che i meccanismi al suo interno 
			siano paragonabili a quelli del quarto potere rappresentato dalla 
			stampa, 
			meccanismi che hanno qualcosa di perverso, agiscono come variabili 
			impazzite dell'antica tradizione del potere ottenuto con l'uso della 
			demagogia condivisa.
 Gli stati liberal-sociali dei paesi nordici o 
			le dittature oligarchiche del passato, riproducono regole molto 
			precise, e quando si verificano cambi di potere o di classi al 
			potere come in Francia, la stabilità psichica della società non ne viene investita più di tanto.
 Per la 
			"mentalità fascista" è un'altra faccenda.
 Questo 
			fenomeno può essere avvicinato, come scala di valori, alla mentalità calvinista o alla "mentalità del socialismo reale, 
			è insomma un fenomeno con forte caratterizzazione etnico-antropologica 
			e vive di una 
			sua vita autonoma per definizione "interclassista".
 Tutta l'azione 
			politica di Tenco è  imperniata, non contro questo o quel partito, 
			ma contro gli attributi della "mentalità fascista".
 Dove trova 
			ipocrisia, esige lealtà, dove indegnità di giudizio, come nel caso di 
			Sanremo, dignità nelle scelte, dove retorica, antiretorica.
 Tenco aveva una paura quasi eccessiva della 
			vaghezza, non sopportava l'imprecisione e il gratuito dietro il quale si 
			nascondono sempre i doppio-giochisti.
 In un'intervista dibattito 
			riportata da "Cronaca"del 6/2/1967 se la prende con chi vuole imporre  le canzoni di protesta contro la guerra per imitare anche` in 
			questo gli americani.
 Vale la pena di riportare questo brano perché 
			caratterizza magistralmente la sua personalità esemplificando la tesi sopra 
			enunciata.
 
			"Quanto alla protesta contra la guerra, io dico 
			sinceramente, magari farò anche delle canzoni per protestare contra la 
			guerra   ma e come dire che di mamma ce n'e  una sola, che siamo 
			tutti fratelli ..Ma che vuol dire?
 I giovani in America protestano 
			contro la guerra perche l'America è. un paese in guerra, perché i 
			suoi ragazzi stanno in questo momento partendo, molti vanno a morire ... 
			Ma da noi qui, la guerra, la protesta contro la guerra, non 
			prende nessuno.
 Noi abbiamo molte altre cose contro cui protestare.
 Possiamo 
			protestare contra il clericalismo, l'affarismo, la corruzione, la 
			mancanza di una legge sul divorzio, gli scandali a ripetizione, il qualunquismo, la burocrazia 
			bestiale....questa protesta non viene 
			mai fatta.
 Preferiamo scimmiottare le proteste americane, cosa  oltretutto facilissima 
			qui in Italia, dato che non c'e 
			nessuno che si sente pizzicato quando  gli dici che è sbagliato 
			morire, viva la pace etc.
 Parlagli del divorzio, della mafia e 
			di altre faccende che scottana, e allora vedrai che la gente si 
			arrabbia e ti da addosso".
 
			Da queste dichiarazioni saltano fuori le crisi di un uomo come eco della 
			crisi di un intera società incapace di essere seria 
			nemmeno con la protesta, per un'antica avversione al realismo, per 
			un'attitudine gaglioffesca al gioco, a vestirsi con abiti da parata, 
			a nascondersi dietro infinite maschere. Quante sconfitte del 
			movimento degli studenti nato nel '68 si devono attribuire a queste 
			cause?
 La realtà, del colpo di pistola in una situazione cosi 
			pesantemente tragica è l'atto meno surrealmente kafkiano che si possa 
			fare ed è ridicolo scambiare mitomania per lucidità mentale.
 Oggi 
			Luigi Tenco è davanti a noi, molto calmo,  ci parla ancora, senza 
			retorica, della sua morte. Cerchiamo d'ascoltarlo.
 
		
		 POST SCRIPTUM 
 La rilettura di questo mio saggio su Luigi Tenco mi ha creato un 
		infinità di problemi.Come è stato possibile affrontare il problema della morte senza mai 
		citare il suo tabù, eppure nel 1975 Louis-Vincent Thomas, antropologo 
		francese, aveva già pubblicato "Anthropologie de la mort" tradotto in 
		Italiano da Garzanti nel 1976.
 In quel libro Thomas scrisse che: "esistono società che rispettano 
		l’uomo: sono quelle in cui la vita, seguendo la saggezza, protegge se 
		stessa lasciando spazio all’idea della sua fine. E, al contrario, ci 
		sono società necrofile, devastate da ossessioni patologiche: sono le 
		nostre, in cui la cultura della morte è negata e sepolta con la stessa 
		cura con cui si sotterrano i cadaveri. L’esperienza concreta 
		dell’antropologia dimostra che negare la morte genera un’altra morte".
 Già nel Mahābhārata, il poema sanscrito risalente al IV secolo a.C, 
		viene chiesto a Yudhisthira  quale fosse per lui fra tutte le cose 
		della vita, la più stupefacente?
 La risposta fu : “l’uomo, perché vedendo altri morire intorno a sé, non 
		pensa mai che morirà”.
 Qualche annetto dopo venimmo a conoscenza che Jung era convinto che : " 
		l’anima collettiva dell’umanità considerare la morte come un compimento 
		del significato della vita e come scopo specifico di essa, che non come 
		una mera cessazione priva di significato.
 Chi dunque si associa all’opinione illuministica rimane psicologicamente 
		isolato e in contrasto con quella realtà umana universale a cui 
		appartiene egli stesso".
 Ma perché mai non trattare la morte come il tabù dell’incesto o del 
		sesso ma come un  pensiero non ammissibile, proibito,  l’unico 
		argomento rimasto intoccabile nel bel mezzo di violenza, crudeltà, abusi 
		esibiti raccontati ogni giorno dalla stampa come rimozione della nostra 
		morte individuale?
 Un altra  domanda che mi sto facendo è  che ogni tabù possiede 
		i suoi Totem mentre la morte non riesce a crearli se non per negare la 
		sua esistenza: la morte degli altri, le immagini del lusso , la 
		provocazione dell'uso della croce da pare di pop star come madonna e via 
		farneticando.
 Il tabù della morte non si accontenta nemmeno della sua "rimozione" 
		preferisce sparire del tutto. po
 Rimarrò a lungo a farmi queste domande con un unica certezza: saranno 
		certamente pochissimi ad aiutarmi a percorrere questo sentiero!
 
			
		
		 CRONOLOGIA 
			1938 Nasce a Cassine in provincia di Alessandria it 21 
			marzo.1956 Lo troviamo a Genova al liceo scientifico con un 
			compagno, poi diventato famoso, Bruno Lauzi, A Genova frequenta 
			negli anni degli studi anche tutti gli altri membri della cosiddetta 
			"scuola genovese": Gino Paoli, Giampiero Reverberi, Umberto Bindi, 
			Fabrizio De Andre.
 Come studente Luigi e di un'irrequietezza 
			indescrivibile, anticipando, anche in questo, it malessere che dopo 
			la sua morte investirà un'intera generazione.
 Arriva alla maturità scientifica da privatista 
			poi s'iscrive ad ingegneria, poi a scienze politiche, consapevole 
			della sua particolare predisposizione ad occuparsi di problemi 
			sociali.
 Non si laurea perché la musica da hobby diventa pian piano 
			it suo lavoro, prima come sassofonista e poi come cantante poeta.
 1959 Lo troviamo come sassofonista e cantante sotto it 
			nome di Gigi Mai nel complesso "I Cavalieri".
 In quell'anno, con 
			questo complesso, pubblica il suo primo disco che vede una ben strana 
			band che vale la pena di ricordare: al vibrafono Reverberi, al 
			clarino Tomelleri, al pianoforte Enzo Jannacci, alla batteria Nando 
			De Luca.
 Scrive di questo periodo Enrico De Angelis: "con "I Cavalieri" incise varie altre cose, anche sotto lo pseudonimo di 
			Gigi Mai. I pezzi erano quasi tutti già firmati da lui stesso, ma 
			erano dei rock alla moda, dal testo gioviale e svagato: dei rock che 
			gli si possono anche perdonare, tanto erano assurdi, ingenui, mai 
			sguaiati, eppur sempre non lontani dalla vena jazzistica della sua 
			prima ispirazione. Allora, insomma, Tenco, era forse piu attento alla musica, alla tematica interpretativa, 
			piuttosto che a quella spontaneità originale propria delle sue 
			composizioni future.
 Non furono i suoi unici "peccati di gioventu" 
			perché continuo cosi, almeno in apparenza, per un paio d'anni, col 
			nome di Dick Ventuno, incise in un 33 giri due brani mediocri del 
			Festival di Sanremo 1961 (che fu peraltro il trionfo dei cantautori 
			affermati prima di lui):  con quello di Gordon Cliff si faceva passare 
			per americano interpretando "Parlami d'amore Maria" e "Love is here 
			to stay" di Gershwin in un inglese sensuale alla Nat King Cole.
 1960 Incide una delle canzoni d'amore pia tenere: "Quando" 
			e una ventata di delicato lirismo invade l'ambiente musicale 
			italiano che incomincia ad accorgersi di questo strano cantante poeta che 
			aspetta il suo amore sognando una musica dolce di violini in una 
			situazione troppo astratta per essere usuale
 Sempre nello stesso anno incide "II mio regno", canzone piena di ansia d'evasione,  da molti 
			considerata la prima canzone fortemente caratterizzante it suo mondo.
 1961 Fra le canzoni che incide in quest'anno 
			ricordiamo "Una vita inutile",  amaro presagio di 
			quello che gli 
			sarebbe successo quindici anni dopo: "provai ad assere qualcuno, 
			però sono rimasto nessuno, provai a diventare un poeta, ma il mondo 
			non ho capito ancora."
 Sempre nello stesso anno recita come attore protagonista 
			nel film di Luciano Salce "La cuccagna". Dal film viene estratto un 
			disco dove canta canzoni non sue fra cui "La ballata dell'eroe" 
			dell'allora sconosciuto Fabrizio De Andre-
 1962 Esce it suo primo LP che rimane uno dei migliori 
			con canzoni poi diventate famosissime.
 E' il disco della celeberrime: "Mi 
			sono innamorato di te", "Angela", "Una brava ragazza", dove l'amore viene 
			visto sotto un'ottica del tutto nuova, quella di uno strano oggetto 
			misterioso con il quale bisogna fare i conti.
 Sempre nello stesso LP vi è 
			"Cara Maestra", una canzone schiettamente politica che, per 
			contrasto con le altre composizioni, sembra in quel contesto ancor più rivoluzionaria.
 1964 Esce un suo 45 girl con due canzoni "Ragazzo 
			mio" e "No, non ò vero" dove Tenco sembra voglia radicalizzare it suo discorso 
			probabilmente per non lasciare, in chi comincia a tacciarlo 
			d'opportunismo di sinistra, il minimo dubbio sulle sue intenzioni e anche per 
			distinguersi dalle troppo simboliste canzoni di molti suoi compagni 
			di cordata con i quali incomincia ad 'essere fortemente polemico.
 1965 "L'anno del suo secondo grande microsolco 
			è un'altra collana di piccoli capolavori.
 L'intimistica "Ho capito che 
			ti amo" sulla linea di "Mi sono innamorato di te" che lo riporta a 
			contatto con it grande pubblico, "Non sono io che ribadisce la 
			rinuncia ai sogni e ai voli", la bellissima "Ah,., ah l'amore, 
			l'amore" poi ripresa dalla Vanoni; "io lo so già "    che inveisce contro 
			l'arrivismo a tutti i costi, l'opportunismo cinico, l'egoismo; e, per contro, due nuove 
			confessioni d'incapacità ed inadeguatezza "Se potessi amore mio" e la 
			splendida "Vedrai, vedrai" che riprese pih tardi; e poi ancora l'ironica 
			deliziosa "Ballata dell'amore", la brechtiana "Quasi sera".(Da una 
			conversazione tenuta da Enrico De Angelis al teatro Ariston di Sanremo iò 
			15/9/1972).
 1966 In questo anno, l'ondata del folk e della protesta 
			prese piede anche in Italia.
 E' un'occasione che Tenco non potè non 
			cogliere, anche se più volte polemizzò, a ragione, con la mania 
			anglo-americana che a quell'ondata era connessa.
 " Invocò, proprio 
			come quattro anni prima, una musica popolare nostra, italiana, 
			genuina.
 Tenco spiegò queste opinioni in una conferenza stampa che si 
			ricorda ancora oggi.
 Aveva in serbo molti progetti, stava 
			preparandom per esempio, un' antologia discografica del nostro 
			folklore che non fece in tempo a vedere la luce.
 Fu  
			un maestro e un antesignano del "folk" e una grande casa discografica 
			aveva deciso di lanciarlo sul mercato.
 Gli affidarono persino 
			l'occasione di una sigla per un programma di largo successo, quello 
			di Maigret e poco dopo fu inserito addirittura nel "disco per 
			i'estate".
 Tenco non si lasciò incantare da questi allettamenti e ne 
			usci benissimo sul piano artistico con un "Giorno dopo l'altro" e 
			con "Lontano lontano".
 Forse, per l''ennesima contraddizione, fu 
			proprio tutto questo l'inizio della fine.
 In autunno venne 
			pubblicato it suo terzo 33 giri, acceso ed orgoglioso più che mai, 
			nei testi come nelle musiche.
 Eccolo irrompere ancora contro 
			l'egoismo, l'inerzia, l'oppor-unismo, l'ipocrisia, il falso 
			perbenismo, la violenza, it fascismo, il razzismo: "Io sono uno," 
			"E se ci diranno", "Ognuno e libero", "Ma dove vai", "Uno di questi 
			giorni ti sposerò, e le due pubblicate postume, ma che risalgono a 
			quello stesso periodo "Il mondo gira" e "ftLi vidi tornare".  (Enrico 
			De Angelis op. cit.)
 1967 La sera del 27 gennaio 1967 a Sanremo si spara 
			con una Walter Ppk calibro 7,65.
 Lascia scritto: "Io ho voluto bene 
			al pubblico italiano e gli ho dedicato a cinque anni della mia vita. 
			Faccio questo non perché sono stanco della vita (tuttlaltro) ma come atto di 
			protesta contro un pubblico che manda "Io, te e le •rose" in finale e una 
			commissione che seleziona "la rivoluzione". Spero serva a chiarire 
			le idee a qualcuno. Ciao, Luigi"
 Nello stesso anno Ornella Benedetti 
			fonda it club Tenco di Venezia pubblicando subito un libro "In 
			ricordo di Luigi Tenco" con prefazione di Enrico De Angelis e, 
			invece delle solite commemorazioni strappate a qualche tuttologo di passaggio, 
			il libro presenta 
			un'antologia di poesie a lui dedicate da ragazzi dai diciassette ai 
			venticinque anni.
 Il  club fondò anche un giornale  che parlò di droga, di  disadattati, pacifismo, manicomi, 
			emarginazione e naturalmente di canzone d'autore.
 1969 fu l'anno nel quale uscì un LP dalla Ricordi "Pensaci un po'" dove i 
			compilatori, con assoluta mancanza di sensibilità umana e critica, unirono 
			la versione inglese di "Parlami d' amore           Mariiù" 
			a " I mio 
			regno","La mia geisha" a "Quando".
 1971 Il fondatore e ideatore del Festival di Sanremo, 
			Amilcare Rambaldi, propose  alla sua città di far nascere, accanto 
			alla celeberrima.manifestazione canora, una rassegna sulla canzone 
			d'autore intitolata a Luigi Tenco e per l'occasione nacque it "Club 
			Tenco di Sanremo" che ogni anno è ancora punto di riferimento, colto e 
			spettacolare assieme, di ciò che di meglio in campo nazionale e 
			internazionale si e fatto durante l'anno in questo genera musicale.
 1976 Esce "Morte di un cantautore" di Luzzato FegiZ 
			presso la Gammalibri di Milano
 1977 Esce "C'era una volta una gatta" a cura di Gianni 
			Borgna e Simone Dessi edito dalla Savelli di Roma. Nel libro vengono pubblicati testi oltre che di 
			Tenco, di Bindi, De Andre, Endrigo, Lauzi e Paoli.
 1981 Esce "Luigi Tenco" un libro interamente dedicato 
			al cantautore, con interventi che vanno dall'assessore della cultura romano 
			Renato Nicolini allo scrittore Oreste Del Buono alla giornalista 
			Lietta Tornabuoni, edito dalla Savelli di Roma. In questo libro è d'interesse particolare la guida all'ascolto della musica di Tenco scritta 
			dalla cantante e musicologa Giovanna Marini.
 1982 La Ricordi edita per le edicole un fascicolo 
			più disco su Luigi Tenco mentre la  casa editrice Lato Side, annuncia la 
			pubblicazione di un libro dal titolo "Luigi Tenco, la vita, i testi 
			inediti", a cura del poeta torinese Aldo Fegatelli.
 
		 DISCOGRAFIA 
			
		 LUIGI TENCO - 1962
			Ricordi . Quando; 02. Una brava ragazza ; 
			03. La mia valle  04. Cara maestra ; 05. Il mio regno ; 06. 
			Angela ; 07. Mi sono innamorato di te; 08. Io sì ;09. Il tempo 
			passò; 10. Come mi vedono gli altri 
  LUIGI TENCO - 1965 Ricordi: 01. Ho capito che ti amo; 02. Non sono 
			io ; 03. Ah... l'amore, l'amore ; 04. Ragazzo mio; 05. Io lo so già; 
			06. Se potessi, amore mio; 07. Tu non hai capito niente; 08. La 
			ballata dell'amore 09. Com'è difficile; 10. Vedrai vedrai; 11. Quasi sera ; 12. No, non 
			è vero.
 Ripubblicato in cd nel 2003 nel doppio disco LUIGI TENCO assieme 
			all’album LUIGI TENCO CANTA TENCO, DE ANDRE’, JANNACCI, BOB DYLAN – 
			1972 e a versioni alternative di brani già noti.
 
  TENCO – 1966  Ricordi; 01. Lontano lontano; 
			02. Io sono uno; 
			03. Uno di questi giorni ti sposerò; 
			04. Come tanti altri ; 
			05. Se sapessi come fai ; 
			06. Io vorrei essere là ; 
			07. Un giorno dopo l'altro ; 
			08. Ognuno è libero ; 
			09. Amore, amore mio 
			10. Ma dove vai? ; 
			11. E se ci diranno;  
			12. Vedrai vedrai ; Ripubblicato in cd nel 2001.
 
  TI RICORDERAI DI ME - 1967 Ricordi: 01. Quando ;
			02. Mi sono innamorato di te;  
			03. Angela;  
			04. Senza parole;  
			05. Il tempo passò ; 
			06. Il mio regno;  
			07. In qualche parte del mondo;  
			08. Isy ; 09. Io sì;  
			10. Quello che conta;  
			11. Come mi vedono gli altri;  12. Ti ricorderai.
 Rpubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2002.
 
  SE STASERA SONO QUI - 1967 Ricordi; 01. Se stasera sono qui; 
			02. Tra tanta gente;  
			03.Averti tra le braccia; 
			04. Una brava ragazza;  
			05. Volevo averti per me;  
			06. Cara maestra;  
			07. Come le altre;  
			08. Se qualcuno ti dirà;  
			09. Io vorrei essere là;  
			10. Chi mi ha insegnato;  
			11. La ballata dell'eroe;  
			12. Triste sera;  
			13. I miei giorni perduti;  
			14. Una vita inutile. Ripubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2002.
 
  ENSACI UN PO' - 1969 Ricordi: 01. Tell me that you love me / 
			Parlami d'amore Mariù; 
			02. La mia valle;  
			03. Love is here to stay; 
			04. Serate a Mosca;  
			05. Sempre la stessa storia;  
			06. La mia geisha;  
			07. Il tempo dei limoni 
			08. Pensaci un po';  
			09. Baciandoti;  
			10. Vorrei sapere perché ; 
			11. Quando;  
			12. Angela;  
			13. Il mio regno 14. Un'ultima carezza. Ripubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2003.
 
  LUIGI TENCO – 1972 RCA: 01. Ciao amore, ciao; 02. Lontano lontano; 
			03. Io sono uno;  
			04. Uno di questi giorni ti sposerò;  
			05. Se sapessi come fai;  
			06. Io vorrei essere là;  
			07. Un giorno dopo l'altro; 
			08. Ognuno è libero;  
			09. Amore, amore mio;  
			10. E se ci diranno;  
			11. Vedrai vedrai;  12. Li vidi tornare. Ripubblicato in cd nel 1990 con il titolo LE CANZONI DI LUIGI TENCO. 
			“Ciao amore, ciao” è il ‘fatale’ brano presentato al Sanremo del 
			1967, “Li vidi tornare” è la sua versione originaria.
 
  LUIGI TENCO CANTA TENCO, DE ANDRE’, JANNACCI, BOB DYLAN – 1972: 01. 
			Passaggio a livello; 
			02. Vita familiare;  
			03. Prete in automobile; 
			04. Vita sociale;  
			05. Ballata dell'arte ; 
			06. La risposta è caduta nel vento (Blowin' in the wind); 
			07. Ballata della moda;  
			08. Ballata dell'eroe;  
			09. Ballata del marinaio;  
			10. Giornali femminili;  
			11. Hobby Ripubblicato postumo, contiene solo brani inediti; edito in cd nel 
			2003 nel doppio disco LUIGI TENCO assieme all’album LUIGI TENCO – 
			1965 e a versioni alternative di brani già noti.
 
  ENCO – 2002: 01. Mi sono innamorato di te;
			02. Io sì; 
			03. Se sapessi come fai; 
			04. Ah... l’amore l’amore; 
			05. Angela; 
			06. Lontano lontano; 
			07. Se stasera sono qui; 
			08. Tell that you love me (Parlami d’amore Mariù);
			09. Ho capito che ti amo; 
			10. Come le altre; 
			11. Una brava ragazza; 
			12. Pensaci un po’; 
			13. Il mio regno; 
			14. Quando; 
			15. La mia geisha; 
			16. Quello che conta; 
			17. Tra tanta gente; 
			18. I miei giorni perduti19. Tu non hai capito niente; 
			20. Triste sera; 
			21. Mi chiedi solo amore; 
			22. Io lo so già; 
			23. Non sono io; 
			24. No, non è vero; 
			25. Averti tra le braccia; 
			26. Ciao amore ciao; 
			27. Vedrai, vedrai; 
			28. Cara maestra; 
			29. Ragazzo mio; 
			30. E se ci diranno; 
			31. Io vorrei essere là; 
			32. Un giorno dopo l’altro; 
			33. Io sono uno; 
			34. Guarda se io; 
			35. Una vita inutile; 
			36. In qualche parte del mondo; 37. Ognuno è libero; 
			38. Ieri; 
			39. Senza parole; 
			40. Sempre la stessa storia; 
			41. Il tempo dei limoni;
 42. Notturno senza luna; 
			43. Vorrei saper perché; 
			44. Giurami tu; 
			45. Mai; 
			46. Amore47. Non so ancora:
			48. Qualcuno mi ama; 
			49. Ti ricorderai; 
			50. Se qualcuno ti dirà;.
 
			
 
			
			
				
				
				 Biografia 
  Fonti e Bibliografia 
 
  John Lennon una vita complicata 
  Vinicius de Moraes poeta della lontananza 
  Scritti su Fabrizio De Andrè e Lucio Battisti 
  Incontri un po' speciali: 
				Carmelo Bene, Roberto Benigni, Marlon Brando, Maria Callas, Federico Fellini, Roberto Guicciardini, Marcello 
				Mastroianni,
 Mario Monicelli, Aldo Palazzeschi, Paolo Poli, Anna Proclemer, 
				Ettore Scola,
 Alida Valli, Luchino Visconti e Cesare Zavattini
 
  II 
				mio amico Ivan Graziani 
  Ancora canzoni & saggio su Renato Zero: incontri con Sergio Bardotti, Renato Carosone, Domenico Modugno, 
				Gianna Nannini, Roberto Vecchioni.
 Note su John Lennon, Gino Paoli, Elvis Presley, Paul Simon, Rod 
				Stewart, Sting e Stevie Wonder
 
				
				 Attrici & Dive: Joan Crawford, Greta Garbo, Eleonora Giorgi, Daria Halprin, 
				Audrey Hepburn.
 Angelina Jolie, Nicole Kidman,  Vivien Leigth, Virna Lisi, 
				Sophia Loren, Pupella Maggio,
 Lea Massari.Mariangela Melato, Giovanna Mezzogiorno,  Marilyn 
				Monroe, Julia Roberts
  Scrittura & Cinema: 
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				Marcel Marceau, Chico Marx, Walter Matthau, Philippe Noiret, Ettore Petrolini, Mickey 
				Rourke, Ugo Tognazzi, Peter Ustinov
 
				
  Il Rovescio della Medaglia   considerazioni sui luoghi comuni
 
  Shakespeare & Plank   considerazioni sul teatro: Il mio amico Giovanni Testori, 
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				Joyce,
 Tadeusz Kantor, Machiavelli, Manzoni,  Maupassant, Molière, 
				Svevo,
 Tasso, Raffaele Viviani,  Wedekind
 
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